La Nuova Tribuna Letteraria, Nr. 77 (1° trimestre 2005)

Renzo Cremona, CRONACHE DAL CENTRO DELLA NOTTE

di Stefano Valentini

Certamente si colloca tra le opere di narrativa, questo stimolante libro di Renzo Cremona, perché in ultima analisi vi si narra una storia o un insieme di storie – ora più articolate, ora brevissime, ora istantanee – utilizzando la forma della prosa: spesso secondo quella particolare categoria definita o definibile, all’anglosassone, “stream of consciousness” o flusso di coscienza, dove la realtà fattuale viene portata sulla pagina esclusivamente tramite la concatenazione dei pensieri del protagonista. Certamente è narrativa, quindi, e tuttavia alcuni capitoli e brani di capitoli sono così densi e racchiusi, così compiuti in sé da evocare indubitabilmente l’idea di piccoli poemi in prosa, non tanto per le loro qualità liriche – la dolcezza sentimentale o l’immagine suadente sembrano non essere affatto un interesse preminente dell’autore – quanto per la loro capacità di catturare in poche righe un microcosmo di vasti significati, potenti allegorie, sottili suggestioni e drastici rimandi. Si tratta pertanto di un libro dove i confini tradizionali tra i generi vengono meno, non perché scardinati (non c’è infatti vera violenza, né eversiva né ribelle) ma perché, in tutta naturalezza e semplicità, dissolti. Cremona sa il fatto suo e padroneggia adeguatamente la materia e lo stile, dando spessore ad una sorta di limbo metafisico dove le immagini hanno sempre il profilo capovolto dei negativi fotografici e nel quale non solo il tempo e lo spazio, ma anche la stessa percezione e la stessa coscienza sono in qualche modo distorte e sospese, allucinate e sviate. C’è una luce notturna in questi scorci di esistenza, un bagliore ingannevole ma non ingannatore, infero perché inquietante e non perché intenzionalmente malvagio: un ossessivo e ciclico spaesamento dove il viaggio, il cammino, i passi, le impronte – elementi ricorrenti in queste pagine – non portano altrove, ma solo più a fondo d’un destino che è, soprattutto, un pertinace mistero. Dal giorno si spalanca il buio, le chiavi del futuro sono molte ma spezzate, le testimonianze su quanto accaduto discordano: “possibile che la vita sia tutta qua?” si chiede ad un tratto uno dei personaggi. Sembra una notte senza fine, non lo è: al termine del libro, inattesa, la luce riappare, con il risultato di lasciare tutti “senza parole”. Per meraviglia e sollievo o per accecamento e vertigine?