Il Convivio, Anno XVI numero 2 (aprile-giugno 2015), p. 55
Renzo Cremona, Piscine, haiku – OZ, haiku – Tundra, haiku

a cura di Maristella Dilettoso

Sul tavolo tre libretti di formato tascabile, agili e dall’aspetto invitante: contengono altrettante raccolte di haiku e ne è autore Renzo Cremona. Nato a Chioggia (Venezia) nel 1971, lo scrittore ha esordito nel 1993 con la raccolta di versi Foreste Sensoriali, e da allora la sua attività di scrittore e poeta è stata folta quanto inarrestabile. Ha studiato lingua e letteratura cinese, neogreca, portoghese e georgiana presso l’Università di Venezia, da anni svolge attività di insegnante e consulente linguistico, ed ha al suo attivo traduzioni da lingue occidentali e orientali.
Citiamo solo alcuni titoli tra le sue tante opere: Lettere dal Mattatoio (2002), raccolta di poesie che ha ottenuto il Premio Speciale della Giuria alla XI Edizione del Premio Internazionale di Poesia e Letteratura Nuove Lettere a Napoli (marzo 2003) e il 1° Premio alla III Edizione del Premio Letterario Anna Osti a Rovigo (ottobre 2005), La Pergamena delle Mutazioni, è del 2004 la sua prima opera di narrativa, Cronache dal centro della notte, del 2006 il romanzo Tutti senza nome, del 2007 Sedici settimane, raccolta di poesie e Il canone del tè, raccolta di monologhi drammatici in forma di prosa poetica, che ha ottenuto il 2° Premio alla X Edizione del Premio Letterario Internazionale Mondolibro (Roma) nell’aprile 2008. Nel 2007 il primo libro interamente in lingua inglese, Plays, nel 2008 le sillogi Suites, e ancora molte altre pubblicazioni, che sono valse all’autore numerosi premi e prestigiosi riconoscimenti. Molte delle opere di Renzo Cremona sono state tradotte all’estero.
Ma dal 2007 egli è anche autore di haiku innovativi e sperimentali in lingua italiana e latina. L’haiku, come ormai molti sanno, è un componimento poetico nato in Giappone nel XVII secolo, composto da tre versi per complessive diciassette sillabe (5-7-5). Esso rappresenta una parte molto importante e caratteristica della cultura giapponese, ed ha come fondamento l’idea dell’inadeguatezza del linguaggio nel rappresentare la verità, suo intento pertanto è quello di riportarlo alla sua essenza pura. Nel nostro paese si è fatto strada negli ultimi anni, e vanta già diversi cultori e seguaci. Molti autori effettuano una sorta di rivisitazione del genere, riproponendolo attraverso temi propri, o “contestualizzandolo”, nella cultura occidentale, apportandovi gli opportuni adeguamenti metrici, ancor più se, come nel caso di Cremona, ci si cimenti col verso latino, che obbedisce a diverse e ben precise regole metriche.
I tre libri, scritti a un anno di distanza, pur avendo un percorso comune, sì da poter costituire a buon diritto una trilogia, offrono atmosfere e sfaccettature differenti. Se in Piscine troviamo contaminazioni ermetiche, tracce di sottesa ironia, il filo conduttore è l’elemento “acqua”, con flash di momenti e stati d’animo, sensazioni da prendere e recepire isolate o in sequenza, e per la prima volta vi appare la novità dell’haiku in latino, in OZ predominano luci e colori, s’impongono le tinte calde, che trasmettono impressioni di estate, suoni e silenzi, ma vi traspare un senso di solitudine, di abbandono.
Scrive un recensore per IBS: “Renzo Cremona … prosegue il suo lavoro di fatto sperimentale e innovativo nel campo di questo genere letterario. Se in Piscine erano luce ed acqua a tessere i fili intrecciati della narrazione, quello di Oz è invece un altrove immaginifico fatto di silenziosi chiaroscuri e di mondi quasi riconoscibili, ma non per questo meno inquietanti: aeroporti deserti, stanze vuote, città disabitate e convogli ferroviari notturni sono i luoghi ideali dove potere ancora fermarsi a sentire la voce discreta che ci parla da dentro. In una civiltà in cui sempre meno spazio è lasciato al silenzio e sempre di più è lo strepito attorno, è forse in queste remote stazioni radio di una terra ormai senza gente e immersa nel sonno, in queste colonie marine abbandonate che risiede il senso profondo del nostro esistere”.
Nella raccolta Tundra, invece, regnano le tinte fredde, la natura si fa più desolata, i versi sono più algidi, e trasmettono a chi legge sensazioni d’inverno.