Literary, nr. 9/2006 – 27.09.06

di Claudia Manuela Turco

Con uno stile sempre più coinvolgente Renzo Cremona, esperto di lingue orientali, tratteggia i protagonisti (Tutti senza nome, ma prima del finale un nome lo avranno), di una trilogia articolata in Cronache dal centro della notte, Cronache dalla notte ulteriore, Le vite perpendicolari.
I passaggi da spazi claustrofobici e bui e invernali a un bosco in pieno centro cittadino allo spazio oceanico e alla luce del giorno vengono analizzati nella postfazione da Alvise Foschi, il quale ha seguito l’autore nei vari stadi di crescita del suo corposo libro. Malgrado il tomo non sia leggero, la lettura scorre veloce, facilitata dall’impaginazione che lascia ampio respiro alla parola, nonché alla riflessione, e dalla fagocitante assenza di maiuscole che assicura una maggiore coesione all’intera opera. Talvolta vi sono venature aforistiche: “la notte ha due volti: l’altro è scrostato e ci guarda a mezzogiorno dalle fessure che abbiamo dentro la testa.” Altre volte si aprono squarci poetici. Di certo l’approfondita competenza linguistica (riflessa nelle competenze e professioni di alcuni dei protagonisti dei tanti episodi intrecciati, pure loro traduttori o esperti di lingue orientali) ha reso oltremodo consapevole l’autore del peso specifico delle singole parole, cui va aggiunta una particolare predisposizione all’analisi acuta delle possibili conseguenze delle più piccole stranezze.
Seguendo il percorso dal freddo invernale ai preludi dell’estate, viene in mente la popolare leggenda russa della fanciulla di neve che divenne di carne e ossa, per far compagnia a una coppia che non aveva figli, ma che, essendosi innamorata di un ragazzo, ritornò ghiaccio e al sopraggiungere della primavera si dissolse. Così scrive Renzo Cremona: “l’inverno, prossimo al disgelo, stava formando delle grosse crepe sulla superficie. fu allora che lui vide il reticolato geografico illuminarsi, e le rotte, sconfinate, inondate di luce.”
La fanciulla di neve russa ben si sposa con il pupazzo di neve ideato dal giovane autore: “voleva credere di essere un pupazzo di neve, ma il gioco era già finito. dicembre lo raggiunse, con i suoi respiri maligni e le bufere di notte. era un uomo, eppure, al primo sole, quando terminò la stagione dei suoi sogni, si sciolse sull’erba e scomparve.”
Come si legge alla fine della trilogia, “I nomi e i cognomi nel libro non sono casuali ma cercati e voluti. Tuttavia non si riferiscono a persone fisiche realmente esistenti, bensì alla loro ombra metafisica.” E Alvise Foschi approfondisce: “È come se Cremona avesse voluto limare ulteriormente quelle tracce di contingenza che contraddistinguevano delle cronache che, ironia della sorte, più che cronache sono, ad uno sguardo attento, dei veri e propri paradigmi atemporali della condizione umana.”
Il lettore può acquisire un’immagine più veritiera di sé vedendosi riflesso nei personaggi, analogamente uno di loro che “d’improvviso si accorge di avere forato e di trovarsi a lato nella corsia di emergenza, luogo dal quale, ci sia concesso dirlo, può osservarsi meglio: è così che finisce per sentirsi una grande autostrada notturna priva di illuminazione con tutte le direzioni solcate da linee rosse in allontanamento.// e in un attimo vede dentro di sé una stazione di servizio deserta, con tutti i prezzi della benzina fissi sul riquadro del distributore e i segni delle gomme di qualcuno che è sempre già partito. e l’area illuminata, attorno alle pompe, completamente muta. completamente immobile.”
I personaggi affiorano in modo lento dalla nebbia ed emblematici si rivelano i nomi e cognomi che si vedono attribuiti: sofia lungimirante, lazzaro destanti, espedito d’impacci, atanasio il metafraste, gualtiero diamante, otto forato, arturo fabbri, rebecca ardente, tosco dolcespini… Tra alcuni di loro intercorrono rapporti di parentela; da punto di raccordo funge, nella parte finale, la figura della portinaia calliope vivaldo.
Come la fanciulla russa della nota leggenda, inizialmente questi personaggi sono labili, sfuggenti, poi si consolidano, raggiungono una loro identità, si scavano dentro, si fanno sanguigni e di vera carne, ma subito dopo la loro identità si dissolve.
Sorprende il finale con l’arrivo di una nuova arca di Noè: per conseguire la salvezza, è necessario azzerare le differenze e porre l’accento su quanto abbiamo in comune, dimenticando ognuno il proprio nome, per poter partire insieme e riedificarsi. Sentendosi un po’ meno solo, terminata l’avvincente lettura, il lettore prova davvero la sensazione di essere pronto a salpare per conoscere nuovi mondi.